A cura di Gianpiero Cozzolino
Ciao, cos’è per te l’intelligenza artificiale?
“Intelligenza”, analizzando la parola partendo dal nostro caro latino, mi vengono in mente INTUS e LEGERE, che a mio avviso portano alla definizione o traslazione temporale di LEGARE LE COSE, quindi potrei affermare che l’AI sia quel sistema non umano che sappia legare le cose.
Ma partiamo con il dire che cosa non è AI in modo da essere semplici: quasi tutta la robotica non è AI in quanto non si auto istruisce (anche se ha forma più o meno umana e “parla”...), così come anche tutti gli algoritmi “statici”, cioè che compiono calcoli, per quanto complessi; per esempio il navigatore che abbiamo in auto, o una automobile a guida automatica non è munita di AI, eppure conosce i segnali stradali, conosce le regole di guida stradale, tiene la destra a Roma e la sinistra a Londra, sorpassa quando l’altra corsia è libera ed è permesso dal codice stradale, e se il calcolo fra velocità tempo e spazio lo permetta in sicurezza.
Si può dire che l’AI è quando un sistema automatico non ha un comportamento predeterminato e certo, secondo criteri decisi dal suo programmatore, ma al contrario il suo comportamento deriva da una sorta di “esperienza”, cioè apprendimento su un insieme di dati. Al variare dei dati con cui il sistema viene istruito, varia anche il risultato delle elaborazioni richieste.
Per fare un esempio, prendendo la stessa automobile di prima e dotandola di AI, l’auto potrebbe iniziare a valutare se sia conveniente sorpassare, utilizzando man mano più dati, anche quelli che a nostro vedere forse non sarebbero necessari aggregare (non parlo dei dati meteo o del tipo di drenaggio dell’asfalto ma parlo dell’appuntamento della sera per andare a teatro); cerco di essere più facile per far emergere le differenze: la nostra UI (intelligenza umana) riesce ad aggregare molteplici fattori fisici come: velocità, umidità, temperatura, posizione, etc... fino ad un numero finito di fattori e valori che riusciamo ad aggregare e calcolare a “mente”, ma poi entrano in campo anche altri fattori tipo quelli psicologici morali ed etici. Esempio facile: ma che bella canzone alla radio, mi ricorda quel pezzo rock di Elvis che ballavo in balera quando ho conosciuto la mia futura moglie, andavo alla grande, e vivevo la vita al massimo, sorpassando ogni difficoltà con la mia giovinezza, voglio riprovare quell’ebrezza... quindi aumenta in me la voglia di sorpassare ed invece di usare un poco di acceleratore e controllare due volte lo specchietto, scalo una marcia affondo il piede sul gas e vado! Cosa farà invece l’auto dotata di AI? Man mano (velocità di calcolo per una AI) avrà a disposizione sempre più dati così da sembrarci autonoma nelle decisioni e quel bel sorpasso con la radio a tutto volume forse non sarà mai eseguito, in quanto il semaforo che incontreremo sarà rosso, e la vettura che ci precede girerà a destra fra solo 30 mt.
Come ci aiuta o aiuterà?
I sistemi di AI non sono una novità: vengono studiati da decenni, ma sono diventati di uso comune grazie agli avanzamenti tecnologici che hanno aumentato le capacità di calcolo e di memorizzazione riducendo contemporaneamente i costi. Di conseguenza, esistono già delle applicazioni di uso abbastanza diffuso: gli esempi più comuni di sistemi che usano l’AI sono: il riconoscimento ed il comando vocale (come quello negli assistenti personali sugli smartphone o nelle auto); la scrittura di testi in risposta ad alcuni criteri sul contenuto; creazione e manipolazione di immagini (foto e video) come il restauro o il deep fake (cioè la sostituzione di un volto con un altro); il riconoscimento biometrico (utile per autenticazioni forti); il supporto alla sintesi di nuovi materiali o farmaci.
Per il futuro, si parla molto dei sistemi di diagnostica per immagini, che possono aiutare (mai sostituire) i medici, o le cosiddette città “smart” in cui gli spostamenti potrebbero essere ottimizzati sulla base della situazione in tempo reale delle strade e della guida automatica dei veicoli.
Di cosa ci dobbiamo preoccupare?
Due sono gli elementi di cui tenere conto.
Il primo è la scelta dell’insieme di dati su cui viene eseguito l’apprendimento, e che determina profondamente il comportamento successivo: se i dati sono sbagliati, incompleti, basati su pregiudizi, allora il risultato delle elaborazioni sarà sbagliato, incompleto, pregiudizievole.
Il secondo è che, per come sono strutturati i sistemi di AI, i loro risultati non sono né prevedibili, né spiegabili a posteriori; significa che le decisioni eventualmente prese sulla base di questi risultati non sono controllabili né contestabili, poiché nessuno è in grado di spiegare come sono stati ottenuti.
Un esempio di questi rischi sono i sistemi di riconoscimento facciale utilizzati negli Stati Uniti dalle forze di polizia, che sono risultati poco affidabili soprattutto nei confronti delle persone di colore, per via di un insieme di dati scelto non correttamente e con criteri influenzati da un pregiudizio di fondo; un altro è la facilità con cui si possono generare false prove di notizie ovviamente false, contribuendo alla disinformazione ed alla propaganda.
In sostanza, il problema è che quando i sistemi di AI vengono usati per utilizzi che hanno conseguenze significative sulle persone, esse non sono in grado dal punto di vista tecnico di opporsi a tali conseguenze; ed infatti, la tutela può essere mantenuta solo a livello giuridico, come infatti sta avvenendo nella legislazione europea (per esempio nella normativa sulla protezione dei dati personali e sulla normativa specificatamente dedicata all’AI).
Non a caso, da molte parti si chiede un approccio etico ai sistemi di AI, cioè che dia priorità all’utilità per il progresso umano e non ai soliti interessi economici o puramente tecnologici.
Faccio il solito esempio facile facile così da comprendere lo stato della situazione, non entro in merito all’etica della vita umana: oggi la diagnostica per immagini è supportata da moltissima tecnologia fisica e matematica, per cui prendiamo per esempio una ecografia su di un feto di 12 settimane, il feto dovrebbe avere una dimensione tra i 5 e i 6 centimetri, la ginecologa utilizza poi l’ecografo tarandolo in maniera adeguata per vedere meglio le morfologie ed altri 1000 dati che ha studiato ed imparato nel corso dei suoi studi, e nel periodo di specializzazione ed del suo esercizio della professione. L’ecografo tramite matematica e fisica cerca di restituire un rendering sempre migliore; se diamo valore 1000 alle capacità di analisi della Dottoressa, domani con l’ecografo dotato di AI i parametri controllati potranno essere 100’000, aggregando per esempio i dati storici clinici di tutto il DNA legato al feto, partendo dal bisnonno nato nel 1998 e della bisnonna nata nel 2003. In questi 100’000 check ce ne sarà sicuramente qualcuno negativo, che pregiudicherà la gravidanza o la vita futura, quindi se l’essere calvi a 50 anni non sarà di moda, l’AI sconsiglierà di proseguire la gravidanza e metterà agli atti che a suo GIUDIZIO il feto non è conforme agli “standard” qualitativi, mentre la dottoressa potrà dire: tutto procede per il meglio, attendiamo l’ecografia della 18ma settimana per vedere il sesso, stai tranquilla e goditi questa esperienza meravigliosa.